RIFASCI DI CARAMELLE
Enrico Bertazzoli

 

Chi non conosce le caramelle? Ciascuno di noi ne ha mangiato  un bel po’, specialmente da bambino, e talora ne ha abusato, quando i problemi di linea o di dieta non erano una preoccupazione.

Ma anche molti adulti, infischiandosene dei consigli dei dietologi, sono assidui consumatori di caramelle, magari di tipi speciali per rinfrescare l’alito, per contrastare il fumo, per sbiancare i denti, per digerire, contro la raucedine, e non so per quanti altri buoni motivi o presunti tali.

Sta di fatto che le caramelle sono in prevalenza a base di zucchero, e nascono con lo zucchero, inizialmente prodotto esclusivamente dalla canna, introdotta dagli arabi nel bacino del Mediterraneo già nel settimo secolo, ma sfruttata economicamente molti secoli dopo. Il nome caramella, proprio della lingua italiana e spagnola (caramelo), pare che derivi dalla canna da zucchero, che nel latino tardo si chiamava canna mellis.

Nel diciottesimo secolo lo zucchero cominciò ad essere estratto anche dalla barbabietola, la cui coltivazione si diffuse a macchia d’olio per tutta Europa, tanto da soppiantare a poco a poco la canna, in questa produzione tanto importante per l’alimentazione e l’economia.

Le caramelle sono un prodotto della confetteria, l’arte di lavorare lo zucchero, per trasformarlo in ogni tipo di dolciumi, ed i confetti sono i dolci più antichi a base di zucchero. Le caramelle sono venute dopo, e si sono affermate nel mercato dolciario nella seconda metà dell’Ottocento.

Per fabbricare le caramelle, lo zucchero di canna o di barbabietola viene cotto fino a diventare “caramellato”, aromatizzato con essenze e colorato. Poi viene versato in speciali stampi, dove subisce ulteriori operazioni e prende la forma voluta. Nel caso di caramelle ripiene, si stende uno strato di conserva di frutta sopra uno di zucchero. Si avvolge il tutto a formare una sorta di cilindro, che viene stirato e tagliato in pezzi secondo il tipo di prodotto da ottenere.

Nella confetteria moderna, tutte queste operazioni e quelle che seguono (rifascio, confezione e imballaggio) si fanno a macchina, ma un tempo erano quasi totalmente eseguite manualmente da artigiani caramellai, che marginalmente sopravvivono tuttora presso piccole fabbriche di prodotti speciali e d’alta qualità.

Sappiamo per certo che anticamente le caramelle non venivano incartate, ma erano conservate senza rifascio dai negozianti, in grandi vasi di vetro a bocca larga, chiusi da un coperchio. Le più importanti confetterie allineavano file interminabili di questi contenitori sui loro scaffali, tanti sono sempre stati i gusti e i tipi differenti fabbricati e commercializzati di caramelle.

Per la vendita, le caramelle erano estratte dai vasi con una paletta adatta allo scopo, e versate su un foglio di carta posto sulla bilancia o introdotte entro un adeguato sacchetto di carta, come succede ancora oggi per alcuni prodotti.

Soltanto verso fine Ottocento si cominciò a rifasciare con carta ogni singola caramella, sia per ragioni igieniche e pratiche, sia per ragioni commerciali, per poter meglio vendere i propri prodotti, personalizzandoli come ogni altro bene.

All’epoca i rifasci non erano ancora standardizzati in forma di foglietti rettangolari, com’è avvenuto più tardi, e avevano forme variabili, spesso ottenute con fustelle. Tra i rifasci più antichi, ce ne sono alcuni stampati in cromolitografia, destinati probabilmente alle caramelle più costose, mentre di solito la stampa era tipografica.

Più tardi venne usata la litografia per lavori di qualità, pur continuando la produzione ordinaria ad essere eseguita in tipografia. In entrambi i casi era frequente una stampa aggiuntiva di particolari in oro e argento, per dare effetti cromatici accattivanti. Talvolta i bordi erano sfrangiati a mezzo di piccoli tagli ravvicinati, d’effetto fin tanto che la carta avvolgeva le caramelle, ma che hanno peggiorato la buona conservazione degli esemplari superstiti.

Nelle realizzazioni dei primi due decenni del Novecento, è evidente nella grafica di questi piccoli stampati la predominanza dello stile floreale, che in quegli anni pervadeva ogni cosa, e non soltanto la pittura, mentre negli anni trenta e quaranta, il floreale ha ceduto il passo allo stile Déco, di cui abbiamo begli esempi anche nei nostri rifasci.

Intanto, la produzione di caramelle nello stesso periodo era passata da artigianale ad industriale, ed i grandi produttori si facevano concorrenza in vari modi, ad esempio rendendo i rifasci più interessanti, con graziose stampe anche nel lato interno.

 

 

Ma la battaglia più grossa, specialmente attorno agli anni cinquanta del Novecento, si è giocata sulle figurine, che in certi casi erano inserite tra rifascio e caramella, coperta a sua volta da un piccola protezione in carta oleata. Si trattava d’immagini stampate su carta leggera, dovendo essere avvolte anch’esse intorno alle caramelle, e di solito erano dedicate a ciclisti e campioni dello sport.

In altri casi le figurine erano introdotte in confezioni di caramelle, ma più frequentemente in confezioni di cioccolato, dolciumi di vario genere ed anche in altri prodotti, e furono organizzati concorsi a premio grandi e piccoli per la raccolta di figurine, che miravano ad incrementare il più possibile la vendita dei prodotti legati a tali concorsi, facendo leva sul desiderio dei bambini (ma anche di adulti), di completare le serie.

Quando si mangia una caramella, difficilmente si fa caso al rifascio, che occorre preventivamente eliminare. Dopo aver messo in bocca la caramella, di solito la carta si getta via, con un gesto quasi automatico appreso sin dall’infanzia. Anche il collezionista di cose di carta osserva raramente i rifasci delle caramelle che s’accinge a consumare, perché non s’aspetta di scoprire qualcosa che valga la pena d’essere conservato.

Invece, sebbene si tratti dei più piccoli e negletti stampati, i rifasci di caramelle non sono privi d’interesse, e meriterebbero d’essere collezionati, come si vede dalle illustrazioni a corredo di questo scritto, che riguardano in prevalenza esemplari prodotti sin verso il 1940. Ciò non toglie che vi siano esempi di rifasci piuttosto belli ed interessanti anche in realizzazioni più recenti o addirittura contemporanee.

Sembra incredibile come anche in modesti pezzetti di carta stampata, si noti un riflesso dei tempi e delle correnti artistiche dominanti. Naturalmente, si tratta di un’evidenza rapportata alla dimensione dei documenti, che consente espressioni di limitato respiro, ma  si direbbe che l’effetto decorativo e coloristico ottenuto in certi casi vada oltre ogni attesa.

È probabile che i bozzetti da cui furono tratte alcune decorazioni, siano di artisti affermati, ma la piccolezza e la natura degli stampati ha impedito l’inserimento della firma degli autori. Però, la maggior parte dei rifasci reca soltanto scritte, sia pure elaborate, che riguardano il nome commerciale del prodotto, il gusto della caramella e l’indicazione del fabbricante, insieme a motivi decorativi, stemmi e marchi di fabbrica, disposti sapientemente ed in maniera armonica.

Tale disposizione tiene conto di come riuscirà visibile l’illustrazione, una volta messo in opera il rivestimento della caramella, che potrà essere scorto solo in parte, per ovvie ragioni di adattamento della carta alla forma ovoidale del contenuto.

Di tutti i tipi di carte stampate, i rifasci non recenti di caramelle sono tra i più difficili da trovare, sia per lo scarso interesse sempre dimostrato in proposito dai collezionisti, che per l’infondata presunzione d’assenza di valore artistico o grafico attribuita ai foglietti di cui si parla.

Nel mercato del piccolo collezionismo, non succede mai di vedere offerta una raccolta di rifasci di caramelle, anche se non si può escludere che esistano collezioni del genere, ma capita di trovare ogni tanto qualcuno di questi minuscoli stampati ad un prezzo più che abbordabile, data la mancanza di richiesta in proposito, che potrebbe determinare una lievitazione del loro valore.

Personalmente mi reputo fortunato d’essere riuscito a metterne insieme un buon numero, rappresentativo della produzione di oltre un secolo di storia della caramella, con poca o nessuna spesa.

 

 

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