UN FRANCOBOLLO PERFORATO ITALO-INGLESE
IN ANTICIPO DI UN DECENNIO SUI VERI PERFIN

di Enrico Bertazzoli

Come è noto ai cultori di perfin italiani, nel nostro Paese, prima del 1882 non si potevano utilizzare francobolli perforati. Tanto è vero che solo in quell’anno le Poste, su richiesta di alcuni soggetti interessati, autorizzarono l’impiego di francobolli perforati.

Tuttavia, il bisogno di cautelarsi contro i piccoli furti o usi non autorizzati di francobolli aziendali, era già sentito da diverse imprese medio-grandi a partire dall’indomani dell’introduzione dei francobolli come mezzo per pagare in anticipo il porto delle lettere, avvenuta in Gran Bretagna nel 1840, e successivamente in tutti i Paesi del mondo.

Infatti, le aziende non potevano fare a meno di tenere delle scorte di francobolli per far fronte alle necessità quotidiane di affrancatura della corrispondenza, e succedeva spesso che qualche dipendente infedele sottraesse dei francobolli per uso personale o addirittura per venderli.

All’epoca, specialmente in Inghilterra, si studiarono diversi sistemi di marcatura, per personalizzarli e renderli meno appetibili nei confronti dei male intenzionati, ma le norme postali imponevano che i francobolli dovessero essere utilizzati nello stato in cui erano ceduti agli utenti da parte dell’amministrazione. Pertanto, prima che fosse ammessa la perforazione, non si trovarono efficaci sistemi cautelativi, salvo casi limitati di marcatura a stampa o timbratura del lato posteriore dei francobolli.

Tuttavia, nei luoghi dove persino i francobolli incollati sulle buste talora venivano rimossi e sottratti da impiegati infedeli dei mittenti o delle Poste, alcune aziende apponevano un loro timbro di garanzia ai francobolli applicati sulle lettere, prima che le stesse fossero imbucate nelle cassette postali, o presentate allo sportello per l’inoltro a destino. Si trattava di un pre-annullamento di natura privata, che probabilmente era autorizzato localmente in caso di provata necessità.

Dopo il 1882, quando da noi l’uso di francobolli perforati fu possibile, inizialmente pochi soggetti si avvalsero della facoltà di utilizzare francobolli personalizzati mediante la perforazione delle iniziali o dei monogrammi aziendali. Però, a cavallo del Novecento, ci fu una corsa a dotarsi di perforatori in grado di eseguire una o più perforazioni contemporaneamente, e il fenomeno ebbe il suo massimo sviluppo negli anni Venti e Trenta del Novecento.

Ma, non ostante la perforazione, accadeva che i francobolli fossero staccati dalle lettere prima di essere obliterati, vanificando le misure cautelative adottate dal mittente. Un caso noto ai collezionisti di perfin su documento, è quello del Credito Italiano di Napoli, che negli anni Trenta del Novecento marcava i francobolli applicati sulle ricevute di ritorno delle assicurate con un proprio timbro a mano o a stampa. È probabile che all’epoca si fosse di fronte alla situazione appena descritta, e che la banca sia stata autorizzata in via eccezionale ad adottare questo estremo rimedio.

Come abbiamo visto, non dovrebbero esistere francobolli italiani perforati prima del 1882, tuttavia, si possono incontrare rare eccezioni dovute a ragioni che potremmo definire accidentali, come è accaduto nel caso dalla piccola busta che mostriamo.
 

Come si vede dal nitido annullo, la missiva è partita da Roma il 25.6.1873 diretta a Edimburgo in Inghilterra (o meglio Scozia) alla Royal Bank of Scotland, affrancata con un 60c. De La Rue tiratura di Torino.

Molto probabilmente il francobollo è stato perforato in arrivo, assieme alla busta (e forse al documento contenuto all'epoca al suo interno), con una grossa stella contenente una R, che potrebbe essere l’iniziale della dicitura "Registered" (dall'indirizzo si arguisce che doveva contenere documenti contabili).

In sostanza, non si tratta di un perfin in anticipo di una decina d'anni rispetto alla data di liberalizzazione dell’uso dei francobolli perforati, ma ciò non toglie che si tratti d’un documento assai interessante. Potrebbe accadere che si ritrovi questa R con annessa parte di stella su francobollo staccato, e sorgerebbe un problema di catalogazione difficilmente risolvibile, mentre, se qualche cosa del genere venisse alla luce, ora sapremmo di cosa si tratta.

Un documento del genere non starebbe male nella pagina di presentazione di una collezione di perfin italiani, per dimostrare che in certi casi possono essere stati perforati accidentalmente francobolli italiani assai prima del 1882.